ossia il logaritmo in base 10 cambiato di segno dell'attività degli ioni idrogeno nella soluzione.
L'attività di uno ione in soluzione è una quantità adimensionale (ossia che non ha una unità di misura) molto difficile da misurare e da valutare teoricamente, che tiene conto delle interazioni reciproche fra ione e ione e con tutte le altre specie chimiche presenti in soluzione (il controione, il solvente ed altri eventuali ioni o specie elettricamente neutre).
L'attività di uno ione si può esprimere come il prodotto fra il coefficiente di attività e la concentrazione dello ione medesimo, quindi nel nostro caso possiamo scrivere:
Affinchè l'attività sia adimensionale il coefficiente di attività deve avere le dimensioni uguali al reciproco di una concentrazione.
Per soluzioni diluite si può fare l'utile approssimazione seguente:
Da tutto questo traiamo la conclusione che per soluzioni diluite il pH può essere espresso come:
Questa è anche la definizione di pH che venne originariamente introdotta dal biochimico danese S. P. L. Sørensen (1868 - 1939) durante i suoi studi sulla fermentazione della birra.
La definizione del pH proposta da Sørensen ebbe subito molto successo tra i biochimici e ben presto si estese a tutti gli ambiti della chimica poichè permetteva di esprimere il campo di concentrazioni di ioni idrogeno, che spazia su diversi ordini di grandezza, attraverso numeri piccoli e positivi.
La definizione del pH proposta da Sørensen ebbe subito molto successo tra i biochimici e ben presto si estese a tutti gli ambiti della chimica poichè permetteva di esprimere il campo di concentrazioni di ioni idrogeno, che spazia su diversi ordini di grandezza, attraverso numeri piccoli e positivi.
Determiniamo ad esempio qual è il pH di una soluzione 0,05M di HCl. Essendo l'HCl un acido forte esso è totalmente dissociato in soluzione per cui: